Brindisi, gesti ed altre curiosità

La gioia dello stare a tavola è senz’altro legata al piacere del gusto, ma è altresì chiaro che un lauto pasto se condiviso con una presenza amica, risulterà ancora più piacevole, questo perché la condivisione è parte indispensabile del buon convivio.

E’ in questa verità che si fa spazio l’usanza del brindisi, cioè l’atto di alzare il bicchiere e bere alla salute di qualcuno.

Questo gesto ha origine antichissime, già i greci, infatti, avevano la così chiamata “filotesia”, ossia il brindisi unito alla declamazione di versi in onore di un amico. Per i romani, invece, si chiamava “propinatio” cioè il brindisi spesso accompagnato dalla frase “bene vos, bene nos, bene te e bene me” in onore dei commensali, usanza che nel tempo si è evoluta fino ad arrivare al nostro “alla salute”.

Con il pane, il vino è pilastro portante della liturgia cristiana. Del vino e della sua cultura è stato il Cristianesimo a farsi portavoce nel mondo occidentale, comunicando valori nuovi e più profondi. Ecco perchè con l’avvento del Cristianesimo, il gesto del brindisi inizialmente si trasformò in “bibere in amore sanctorum”, ossia bere in onore dei santi, ma successivamente nel medioevo cadde in disuso, in quanto considerata una pratica popolare.

Questa usanza di brindare, però, sembrerebbe non essere esclusivamente europea, basti pensare al russo “Na zdorovye”, o al famoso “Cin Cin” ( che verrebbe dal più corretto “ch’ ing ch’ ing” originario dalla costa di Canton, in Cina) entrambi con lo scopo di augurio o di ringraziamento.

Un’altra interessante curiosità legata al brindisi, viene dall’abitudine di certi popoli di guardarsi negli occhi durante l’incontro dei calici, che ha anch’essa origini molto lontane: nell’epoca medievale, quando si era artefici di un avvelenamento, il rischio di contaminare, durante il rintocco dei bicchieri, il proprio calice col liquido della coppa avvelenata, era molto alto, e poteva essere scongiurato solo con uno sguardo attento del gesto, cosa che però avrebbe impedito di guardare negli occhi il proprio commensale, così da rendere manifesta l’intenzione.

Lo sguardo negli occhi di un altro convitato, infatti, avrebbe oggi uno scopo benaugurante, ma in passato nasceva proprio da questa necessità di scongiurare un avvelenamento indesiderato.

Durante il medioevo, quindi, non era raro avvelenare le coppe dei nemici durante i banchetti, da qui verrebbe anche il famigerato gesto di versare “alla traditora”: esistevano, infatti, degli speciali anelli con lo scopo di contenere veleno, cosicchè durante l’azione di versare il vino al contrario, le dita ingioiellate venivano a trovarsi sopra le coppe rendendo molto facile l’atto di avvelenare, è questa la ragione per cui oggi viene considerato un gesto malaugurante.

Assai virtuosa invece è l’origine dell’atto di battere il bicchiere sul tavolo subito dopo il brindisi e prima della bevuta, equiparabile a “rendere grazie” veniva fatto per omaggiare chiunque avesse reso possibile bere quel bicchiere: per esempio il vignaiolo, se si trattava di vino, o anche l’oste che lo aveva servito, quasi a riconoscerne il duro lavoro.

Di queste usanze, che sono l’eredità dei nostri antenati, dovremmo saper prendere e tramandare il meglio: il rispetto per la fatica altrui, il saper condividere, il riconoscere la vera amicizia e il ringraziare per le proprie fortune, ingredienti necessari per un perfetto convivio (derivato di convivĕre ‘vivere insieme’).

Ilaria Giardini
per Tenuta Liliana

"guardarsi negli occhi durante l’incontro dei calici"

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