Il dilemma del Tappo

Nel mondo dell’ iper-informazione e delle fake news scoprire la verità è un compito sempre più arduo, internet ci aiuta aprendo le porte del tutto, ma la vera difficoltà è poi imparare a destreggiarsi all’interno di questo.
Anche nel mondo del vino accade frequentemente di imbattersi in notizie fuorvianti, o in una molteplicità di pareri ed opinioni confusi che crea, in finale, falsi miti e verità nascoste.

E’ il caso del dilemma dei tappi, per esempio, che cruccia da anni produttori e consumatori: le opzioni per chiudere una bottiglia di vino sono svariate, esistono i tappi a vite (anche detti “Stelvindal nome della più celebre azienda produttrice), i tappi a corona, i tappi di vetro, i tappi di silicone,
ed ovviamente i tappi di sughero. La scelta perciò non è poca, ed i produttori oltre a doverne valutare utilità, costi e benefici, devono fare i conti, così come i consumatori, con notizie fittizie come quella del “rischio di estinzione del sughero”.

In realtà, sembrerebbe ci sia abbastanza sughero, anche solo in Portogallo che ne è il maggior produttore, per imbottigliare tutto il vino per il prossimo secolo. Questa falsa notizia è, però, il travisamento di una ben più grave: il sughero proviene dalla corteccia della quercia da sughero ed è un materiale biodegradabile isolante, traspirante ed ignifugo, di origine naturale. Per far sì che la quercia produca sughero di buona qualità senza rischiare di ferirla o danneggiarne la corteccia, bisogna mantenere molte accortezze durante tutte le fasi di estrazione e rispettare i tempi della pianta: tra un’estrazione e l’altra andrebbero attesi circa 10/15 anni, purtroppo però sono tanti a non rispettare questa regola col fine di produrre più sughero e con il rischio conseguente di uccidere l’albero. E’ probabilmente questa la ragione del falso mito.
Questo tipo di dicerie unite all’ elevato costo del sughero, che varia a seconda della qualità desiderata, ed unite al problema dell’ “odore di tappo”, che dipende dalla presenza di parassiti o muffe tra le fessure, sono i motivi principali per cui molti produttori stanno sperimentando chiusure
alternative. Va però specificato che il sughero, grazie alla sua capacità elastica e traspirante, è ottimo nei vini che necessitano di lungo invecchiamento, in quanto favorisce comunque l’evoluzione del liquido, che molto gradualmente entra in contatto con l’ossigeno.

Il resto delle chiusure si rivela molto adatto per vini semplici, da bere giovani o mediamente invecchiati, ed è spesso più pratica, in quanto non necessita del cavatappi per l’apertura e infine rappresenta un bel risparmio per l’azienda, che non ha il rischio del “difetto”.
In alcuni paesi del mondo, come l’Australia o la Nuova Zelanda, il tappo Stelvin infatti è la normalità. Questo tipo di chiusura presenta al suo interno un elemento di stagno, dove si trova dell’azoto, un gas inerte naturale, il quale preserva le proprietà organolettiche del vino cosicché l’aroma non sarà influenzato dai cambiamenti di umidità, pressione o temperatura.

Anche il tappo a corona, negli ultimi anni, è tornato in auge, soprattutto grazie alla nuova moda dei vini rifermentati.
Possiamo perciò dire che la scelta è affidata alla personale preferenza, di produttori e consumatori.

A mio modesto parere, però, il vino rappresenta soprattutto un momento, un rituale, ed è importante che resti tale e non entri nel mondo della “bevanda” fine a sé stessa.

Perciò, che sia con un cavatappi, con le mani o con i denti, caro lettore, poni sempre estrema attenzione al momento dell’apertura del vino, perché accade proprio come a teatro: quando si apre il sipario, inizia la magia.

Il dilemma del Tappo

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